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veduta di Popoli venendo da PescaraSalita dDi Cocco, zona vecchia sede municipale

A proposito dell'etimologia del nome Popoli, alcuni sostengono che esso derivi dalla parola latina populus (pioppo), per l'abbondanza in zona di questa pianta, ma è la più semplicistica delle teorie. Quante contrade, in Italia, dove il pioppo cresce dappertutto, dovrebbero chiamarsi Popoli o Popòli, se questo dovesse venir accettato!
Altri, con più cognizione di causa, lo fanno derivare dal latino "pauper" (povero). Il nome in vernacolo sino agli inizi del XX secolo era "Puòpere", quindi è facile far derivare quest'ultimo, per assonanza, dal latino pauper. Il Chronicon Casauriense (L. III, foglio XVI), che rappresenta la più antica testimonianza scritta riguardante Popoli, ne attesta il nome di Castrum pauperum. Ma se torniamo al vernacolo Puòpere e, considerando quello che questa rocca fortificata dei popoli sarebbe diventata dal Medioevo alla fine dell'Ottocento, non possiamo non prendere in considerazione la parola "Popoli" come aggregazione di molte persone che trovandosi qui vi sono rimaste per svariati motivi e per comunanza di interessi. Molto si è detto e molto si è scritto a proposito di Popoli: sulle sue origini; sull'etimologia del suo nome; sui primi insediamenti; sul suo sviluppo, in epoca medievale, nel territorio, sulla sua importanza strategica, tanto da meritare il nome di "Chiave dei tre Abruzzi", sulla sua importanza, come centro di traffici, commerciali e non, nell'Ottocento; sulla sua decadenza, nel periodo pre e post bellico; sui tentativi, in parte riusciti, di rinascita in tempi recenti. Lo scrittore di cose patrie deve sempre aver ben chiari gli scopi del suo lavoro, e solo basandosi su documenti inoppugnabili può improntare la sua opera a rigore storico. Tutto il resto sono supposizioni, congettura o parere personale che lasciano il tempo che trovano. Il primo documento che parla della zona dove dovettero abitare i nostri avi è il "de bello civili" di Caio Giulio Cesare. Il grande romano, inseguendo le truppe pompeiane di Cneo Domizio Enobarbo, che, dall'Adriatico cercavano scampo in Corfinio, nel cap. XVI del I libro scrive: "pons fluminis, quit erat ab oppido Corfinio milia passim circiter III". Questo è un punto fermo della nostra storia: a tre miglia romane da Corfinio (circa quattro chilometri e mezzo) vi era un ponte. Se nell'agro di Popoli (considerata la distanza) vi era un ponte, qualcuno lo dovette pur fare ed a qualcuno doveva pur servire. Possiamo, quindi dire che, nel 49 a.C. nella zona vi abitava già qualcuno. Altri due documenti importanti sono il Chronicon Casauriense, già nominato e una postilla al Codice Vaticano sulla vita di S. Pelino. In essi compare, per la prima volta, il nome di Popoli a proposito di alcuni passaggi di proprietà del castello fra il vescovo Tidolfo e gli abati casauriensi (a. 1015-1016). Per cui, per un millennio, nulla sappiamo della nostra storia, anche se ipotesi e/o congetture sono state argomentate, con teorie più o meno valide, pur se sempre nel campo dell'aleatorietà. Ora siamo in un campo più conosciuto e più sicuro: dagli albori del primo millennio al 1256 la storia della città, e della proprietà su essa, si intreccia con le varie vicende conflittuali, che opposero il vescovo di Valva e l'abate di Casauria, con passaggi non sempre pacifici, di signoria dall'uno all'altro, inframezzati da scorrerie di avventurieri sanguinari e senza scrupoli o remore di carattere religioso, visti gli autorevoli pretendenti "cristiani". Nel 1295 Carlo D'Angiò scende in Italia con un folto gruppo di cavalieri, per la maggior parte di origine provenzale. Anche le sue vicende sono arcinote, interessanti solo marginalmente le nostre contrade, la sua calata segnò un passaggio storico fondamentale per Popoli. Nel 1269, in contropartita per l'aiuto dovuto, il D'Angiò assegnò ad un suo cavaliere, Giacomo Cantelmo, il dominio su Popoli. La famiglia Cantelmo tenne la signoria di Popoli fino al 1749, quando morì l'ultimo duca, Giuseppe, in Spagna (7 giugno 1749). Questa famiglia, signora per 480 anni del feudo di Popoli, nel ramo maschile si estinse ed il feudo passò ad una donna, Camilla Cantelmo, moglie di Leonardo Tocco, principe di Montemiletto. Nel 1656 Popoli conta 2.226 abitanti, che purtroppo vengono decimati, in numero di 1.540 dalla peste di manzoniana memoria. Nel 1749, con 1.300 abitanti si ha la fine del dominio dei Cantelmo, l'ultimo dei quali, Giuseppe XXIII, 16°conte e 9°duca di Popoli, morì in Spagna senza mai essere stato a Popoli, come gli ultimi suoi predecessori. Centro geografico d'Abruzzo, al crocevia delle uniche arterie che mettevano in comunicazione Napoli, capitale del Regno, con i capoluoghi delle province e che permettevano il passaggio dall'Adriatico a Roma e viceversa, oltre che da Napoli per Firenze (per evitare lo Stato pontificio), Popoli assurse a centro di primaria importanza: chi ne aveva il dominio esercitava il diritto di possedere le chiavi dei tre Abruzzi (le tre province che lo dividevano amministrativamente: Ulteriore I, Ulteriore II e Citeriore). Di conseguenza, non mancò di sviluppare quello che la fatalità viaria permetteva di più: il commercio. Con due mercati settimanali e quattro fiere annuali, Popoli divenne il punto di incontro dei traffici dell'intera regione, cominciando di pari passo a crescere demograficamente, tanto da contenere, all'alto dell'Unità d'Italia (1861), già 6.000 abitanti, quando Castellamare Adriatica (Pescara) era un piccolo borgo di pescatori e Sulmona contava solo alcune centinaia di abitanti in più, fino ad arrivare alla cifra massima di 8.715 nel 1947.

Giovanni D'Agostino

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